Uno dei termini più inflazionati in questo periodo è senza dubbio la parola “Smart Working”. Apparentemente siamo passati da fanalino di coda ai primi posti in Europa nell’utilizzo dello “Smart Working”. Ma quello che viene applicato in Italia è davvero lavoro “smart”? Sembrerebbe di no.

Pare che le aziende si sono limitate a ripetere gli schemi e le logiche d’ufficio a casa dei propri dipendenti creando tantissima confusione (anche con l’aiuto dei media) e un utilizzo improprio di questo termine. Quello che oggi la maggior parte degli italiani sta sperimentando adesso è più simile al Telelavoro o se vogliamo dirlo in Inglese «home working» 

Un equivoco dietro l’utilizzo inappropriato sta nel significato della parola “Smart” che in questo caso pare essere del tutto ignorato. Per Smart si intende qualcosa di intelligente, snello, agile proprio come la famosa macchina che tanto ci delude quando siamo alla ricerca di un parcheggio. 

Differenza tra Smart Working e Telelavoro

Il Telelavoro è il lavoro da remoto ovvero la trasposizione a casa di un lavoro da ufficio replicandolo negli ambienti domestici negli strumenti e nelle modalità. Per fare un esempio storico di telelavoro, possiamo pensare al lavoro di call center, che grazie a una rete telefonica fissa e una postazione di lavoro ben strutturata, riescono a svolgere una mansione completamente da casa. Ma attenzione, solo da casa e in nessun altro luogo, seguendo degli orari precisi di lavoro che di solito si basa sui turni. Questo comporta una serie di restrizioni che per definizione non lo rendono Smart.

Lo Smart Working invece è il lavoro “Agile”, cioè un modo di lavorare molto più flessibile, che sposta l’attenzione da

Lavoro = Ufficio + Orario di Lavoro verso Lavoro = Obiettivi + Valutazione dei Risultati

Le modalità e gli strumenti quindi sono flessibili. Nel rispetto delle regole aziendali e in accordo con l’organizzazione.   

Ma attenzione perché è proprio lo stesso ordinamento italiano a definire lo “Smart Working” in modo più o meno esaustivo:

« una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato che prevede lo svolgimento della prestazione lavorativa, basata sulla flessibilità di orari e di sede e caratterizzata, principalmente, da una maggiore utilizzazione degli strumenti informatici e telematici, nonché dall’assenza di una postazione fissa durante i periodi di lavoro svolti anche al di fuori dei locali aziendali».»

Cosa non è Smart Working

  • Non è Smart Working se: lavori con orari prestabiliti e una persona che ti controlla. 
  • Non è Smart Working se: continui a fare le stesse cose che facevi in ufficio con la sola differenza che adesso le fai da casa tua. 
  • Non è Smart Working se: la riunione inutile che fai su Zoom sostituisce la riunione inutile che facevi in ufficio. 
  • Non è Smart Working se: il tuo capo fraintende il fatto che sei sempre a casa con una reperibilità h24
  • Non è Smart Working se: non vieni valutato per quello che fai e come lo fai ma per le ore che lavori. 

Le caratteristiche del vero Smart Working

Per essere considerato Smart Working deve essere almeno flessibile negli orari di lavoro. Niente classico orario d’ufficio, permessi e pausa pranzo. 

È una questione di:

  • flessibilità
  • autonomia
  • responsabilizzazione

Ci deve essere la possibilità di poter lavorare da qualsiasi parte. Non solo da casa. Non solo nella città dove ha sede l’impresa. Lo Smart Worker deve poter lavorare da un bar, da una biblioteca, dalla casa al mare da un Coworking, se preferisce. 

La maggiore flessibilità e autonomia del lavoratore però va bilanciata con una maggiore responsabilizzazione

Per fare questo bisogna spostare l’attenzione sugli obiettivi da raggiungere che devono essere SMART:

S = Specific (Specifico)

M = Measurable (Misurabile)

A = Achievable (Raggiungibile)

R = Realistic (Realistico)

T = Time-Based (Temporizzabile)

L’ultima traduzione è una licenza poetica ma il succo è quello.

Bisogna anche introdurre un sistema di valutazione ad obiettivi. Uno dei più comuni è il sistema OKR (Objective – Key – Result). Se ne parla benissimo in questo libro scritto da John Doerr, leggendario Venture Capitalist della Silicon Valley e uno dei primi finanziatori di Larry Page e Sergey Brin

Smart Working all’Italiana, a chi conviene?

Siamo proprio così sicuri che lo Smart Working convenga solo ai lavoratori? Perché sembra quasi che siano gli unici a beneficiarne. Come se il fatto di stare a casa implichi lavorare di meno. 

La realtà invece è un altra. Per una serie di motivi, probabilmente chi lavora in remoto sta lavorando molto più di prima. Vi posso assicurare che sento tantissimi miei amici che si lamentano del fatto che da quando sono in “Smart Working” stanno lavorando più di prima. Questo succede proprio perché le aziende non hanno compreso il concetto di flessibilità del lavoro Agile. 

Il lavoro si è spostato a casa, ma le regole e le modalità sono quelle di prima e spesso ci sono anche i capi che se ne approfittano, scambiando il fatto che stai lavorando da casa con l’essere sempre disponibili, a qualsiasi ora e in qualsiasi modo. 

Invece lo Smart Working, se fatto bene, potrebbe portare a una situazione win to win per imprese, lavoratori e ambiente. A parte i minori costi immobiliari da affrontare grazie alle minori esigenze di spazi, è stato dimostrato che lo “Smart Working” aumenta la produttività dei lavoratori. Infine meno spostamenti significa anche meno inquinamento.   

Perché in Italia non siamo ancora preparati allo Smart Working?

L’Italia è uno dei paesi che meno ha adottato lo Smart Working fino a prima della pandemia. Infatti secondo i dati ISTAT (del 2018, gli ultimi disponibili) soltanto il 4,8% lavora abitualmente o saltuariamente in remoto. La Media dell’Unione Europea (sempre al 2018) era del 15%. 

Ma perché aldilà della situazione pandemica, la tendenza è quella ad adottare sempre molto poco questo nuovo modo di lavorare? Ecco le possibili risposte. 

Il concetto di “no-blaming culture” è sconosciuto

La tendenza a colpevolizzare e giudicare gli altri è “comune” negli uffici Italiani. Il collega che stacca alle 3 per andare a lezione di Karate, la collega che inizia alle 9:30 perché prima deve portare i bambini a scuola. Tutte queste situazioni che all’estero nessuno giudica, qui in Italia sarebbero facile pretesto per colpevolizzare eventuali errori o mancanze che potrebbero invece dipendere da tutt’altra cosa. 

Mentre invece in ottica Smart Working devo poter decidere e scegliere di voler fare il mio lavoro anche nel weekend o in orari inusuali. Devo poter scegliere di staccare il pomeriggio per andare a correre e riprendere la sera perché magari mi concentro di più. 

Se lo voglio (e se a me sta bene) devo poter fare tutto questo  e non  preoccuparmi del giudizio del capo o del collega di turno. L’unico giudizio che deve interessarmi è quello legato a un sistema di valutazione ad obiettivi che ho menzionato prima.  

Mancanza di fiducia generalizzata

In Italia abbiamo una cultura del lavoro sbagliata, dove il rapporto di subordinazione è ancora molto forte (forse siamo anche l’unico paese del mondo occidentale che continua a usare la forma del Lei). Esistono ancora “boss” e proprietari d’azienda che prediligono l’approccio paternalistico, basato sul controllo e il pugno duro. Questo è dovuto anche alla mancanza di fiducia nel prossimo che dalle nostre parti è generalizzata e ci porta a far credere che tutti vogliono fregare tutti

Il tema della fiducia non riguarda soltanto le piccole aziende. Anche quelle più grandi vengono coinvolte. Se nella piccola azienda c’è il “titolare” che ti controlla, nelle grandi organizzazioni c’è un sistema gerarchico ancora molto forte che riduce ai minimi termini la collaborazione tra manager e lavoratore

Mentre invece  la collaborazione va incentivata insieme allo spirito di iniziativa. Attraverso: 

  • Sburocratizzazione, che incentiva l’iniziativa
  • Trasparenza, che rende tutto più chiaro e facile
  • Condivisione, della conoscenza 

Collaborazione e innovazione aumentano la fiducia: 

  • Dei lavoratori nei confronti dell’impresa
  • Tra colleghi
  • Tra manager e lavoratori
  • Con l’ambiente esterno

Rischi dello Smart Working inteso all’italiana

Pensare che lo Smart Working sia sinonimo di lavoro da casa porta con sé dei rischi. Uno dei principali è quello dell’isolamento. 

Restare a casa significa rischiare di isolarsi. L’abuso di questa nuova modalità di lavoro non deve essere sottovalutato. Ci sono tantissimi vantaggi del lavoro smart, uno di questi può essere quello di poter lavorare per aziende che si trovano a chilometri di distanza da noi. 

Probabilmente questo nuovo modello darà la possibilità a tantissimi lavoratori del Sud Italia di poter lavorare per aziende del Nord stando nella loro città natale e non dover essere costretti a “emigrare” . Ma questo non deve significare che il lavoratore non debba essere messo in condizione di lavorare in un ambiente  confortevole, dove si trova a suo agio ed ha la possibilità di interagire con altre persone. Non tutti hanno voglia di lavorare da casa e non tutti ne hanno la possibilità. 

In questo senso la nascita di spazi di Coworking e di bar sempre più attrezzati con Wifi e prese elettriche sono da vedere di buon occhio per lo sviluppo, anche in Italia, di un modello di Smart Working sano.

Inoltre lavorando da casa si corre il rischio di cadere nel fraintendimento della disponibilità h24. Questo porta a essere contattati negli orari più strani e a dover essere sempre sul pezzo. Diciamolo senza peli sulla lingua è una questione di  maleducazione e vale anche per tutti quei clienti, che per un motivo o un’altro, non riescono a capire che è sbagliato chiamare o scrivere a qualsiasi ora del giorno o della notte oppure chiedere di fissare una riunione di sabato solo perché “tanto io lavoro anche di sabato”.  Non ci crederai ma proprio mentre sto scrivendo questo articolo sono le 11 di sera e mi è appena arrivata una mail di un cliente che poteva benissimo fare a meno di inviarla e programmarla per il giorno dopo.

Quando ho a che fare con colleghi o persone che collaboro, anche se sto lavorando in orari strani e ho bisogno di inviare una mail la programmo per la mattina dopo, perché so benissimo che se la sera decidi di staccare dal lavoro e ti arriva anche solo una mail che puoi benissimo decidere di leggere il giorno dopo, la tua mente andrà sempre a quella mail e quindi sei costretto a leggerla. Questo fa si che non siamo mai in grado di staccare dal lavoro, quindi ti prego, se non è urgente, scrivi pure la tua mail ma programmala per il giorno dopo.    

Tutto questo per dire che sia per i lavoratori autonomi o quelli dipendenti non c’è alcuna differenza. Se non c’è un cambiamento culturale che porti a una inversione di tendenza nella concezione del lavoro e delle organizzazioni aziendali, parlare di Smart Working non ha poi così tanto senso. 

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foto mia mentre lavoro in un café di Buenos Aires

Soy Gennaro, soy Italiano y soy los que ahora se le llama “Digital Nomads“. Palabra muy de moda gracias también a que el trabajo remoto se despejó con la pandemia. Afortunadamente, he estado trabajando de forma “Smart” desde mucho antes de la pandemia y, lamentablemente, todo esto solo ha limitado mis posibilidades de viajar.

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